Cicatrici gravi trattamento complesso: taping kinesiologico, massaggio trasverso profondo, cupping therapy, InterX, crochetage, stretching posturale globale.
A cura : prof. Rosario Bellia
– Docente di taping kinesiologico® presso Università Statale di Valencia (Spagna)
-Fisioterapista della nazionale italiana della F.I.H.P.
Presentazione del caso
Donna di 51 anni che presenta delle cicatrici con cheloidi molto importanti in postumi di interventi chirurgici ripetuti per osteomielite al femore con parecchi episodi fratturativi.
Nell’agosto del 1968 ha cominciato ad avere forti dolori al femore sx con tumefazione ed arrossamento locale. Ricoverata dapprima in un ospedale siciliano, dove veniva diagnosticata l’osteomielite. Le è stato pertanto confezionato apparecchio gessato pelvi podalico oltre alle cure farmacologiche.
Verso la metà di settembre veniva trasferita all’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna dove veniva rimosso l’apparecchio gessato. Nel compiere un movimento nel letto, la paziente riportava una frattura patologica del femore sx, per cui veniva confezionato ancora un apparecchio gessato pelvipodalico.
Trasferita all’Istituto Elioterapico Codivilla Putti e Villa Blu a Cortina D’Ampezzo, vi è rimasta ricoverata per un anno.
A settembre 1971 si è ripresentata l’osteomielite. Ricoverata a Winterthur in Svizzera è stata sottoposta a vari interventi per l’asportazione dei sequestri, di un sistema fistoloso composto di tessuti muscolari e cutanei.
La gamba sx presentava un accorciamento di 55mm.
Nel 1984 si è reso necessario nuovo ricovero all’Ospedale Civile di Lecco, dove la donna è stata sottoposta al trattamento con la metodica Ilizarov.
Nel 1987, dopo tre anni in diversi ospedali di lunga degenza, è stata visitata dal prof. Ilizarov in persona che, analizzato il caso e le problematiche connesse, ha indicato la tecnica operatoria da eseguire nel caso specifico.
Eseguito l’intervento che era stato indicato da prof. Ilizarov in persona, finalmente nel 1988 la paziente poteva togliere l’apparato di fissatori esterni Ilizarov.
L’asimmetria degli arti, dopo l’intervento, è di modeste entità anche se permane una forte limitazione articolare al ginocchio per le cicatrici retraenti, che sono presenti nella coscia sx della paziente, come postumi dei vari interventi chirurgici.
La cicatrice nella zona del tensore della fascia lata è ininfluente ai fini della mobilità, mentre quella in zona mediale, che si sviluppa dal terzo superiore del quadricipite fino al vasto mediale obliquo, risulta più retratta. Questo, tanto da limitare la flessione al 20°, con un punto retraente molto marcato all’altezza in cui c’era l’ancoraggio delle viti del fissatore esterno Ilizarov.
a) Generalità sull’osteomielite
Eziologia
Sostenuta soprattutto da batteri, fra cui il più diffuso è lo stafilococco aureo.Gli agenti patogeni più comuni variano a seconda dell’età: nei bambini vi è soprattutto l’Escherichia coli, mentre negli adulti sono più frequenti altri generi di gram negativi (Klebsiella spp., Enterobacter spp. e Pseudomonas spp.). Può essere causata anche da funghi, virus o parassiti. L’osteomielite è l’infezione più grave che può verificarsi a danno della struttura scheletrica. Può essere determinata anche dalla crescita anomala delle ossa o in seguito a esposizioni di gravi fratture. L’infezione ossea può derivare da diverse cause: a seguito della diffusione ematogena di un focolaio infettivo distante, in seguito a lesioni traumatiche profonde, in seguito ad interventi chirurgici ortopedici o per diffusione dei batteri da una struttura infetta vicina.
Epidemiologia
L’osteomielite è più diffusa in età infantile nei paesi meno industrializzati, mentre nei paesi più progrediti, al contrario si mostra maggiormente negli adulti.
Classificazione
Da un punto di vista clinico presenta forme ad andamento acuto e cronico:
- Osteomielite ematogena acuta
- Osteomielite ematogena subacuta
- Osteomielite ematogena cronica
La differenzazione fra forma acuta e forma subacuta è la durata dei sintomi e dei segni clinici: nella prima meno di 14 giorni, nella seconda più di 14 giorni. Si definisce cronica quando perdura per più di 6 settimane o nei casi in cui si determina la formazione di sequestri ossei.
Profilo clinico
I sintomi e segni clinici variano a seconda del luogo colpito; possono anche manifestarsi anche tumefazione o limitazione dei movimenti. Nella forma acuta si osserva febbre e forti dolori; si possono mostrare, inoltre, infezioni croniche e artrite settica. Nella forma subacuta, le manifestazioni sono lievi o anche assenti (asintomatico).
Nel caso in esame si sono verificati: tumefazione, febbre e forti dolori.
Diagnosi
Solitamente l’ostiomielite viene diagnosticata in ritardo. Anche le radiografie inizialmente non mostrano alcun cambiamento, in quanto le prime anomalie sono visibili circa 2 settimane dopo l’inizio dell’infezione. Per anticipare tal periodo di attesa si procede a esami ematochimici, con valutazione della velocità di eritrosedimentazione (la VES) e la proteina C reattiva (la PCR). Si arriva ad utilizzare sofisticate tecniche di imaging (come la scintigrafia con Tecnezio 99m) solo in particolari casi, quando la diagnosi non è chiara. La risonanza magnetica è l’esame che fornisce risultati migliori, benché nei bambini vi possa essere una difficoltà di utilizzo a causa della necessità di sedazione. Esistono altri esami diagnostici come l’ultrasonografia che riesce a dare un quadro sulla grandezza dei danni accessori (come nel caso di un ascesso subperiostale). La biopsia viene preferita nella forma subacuta.
Diagnosi differenziale
Occorre differenziare l’osteomielite dall’artrite settica e dalla cellulite, in quanto anche queste patologie si caratterizzano per la limitazione dei movimenti; tuttavia, la presenza di eritema le differenzia dall’osteomielite. Inoltre, anche fratture e masse tumorali possono avere manifestazioni simili. La leucemia, soprattutto nelle forme acute, mostra un quadro clinico simile (dolore, zoppia, febbre e osteopenia rilevata da radiografie). In questo caso, occorre fare attenzione ad altre manifestazioni come la presenza di ecchimosi o discrasie leucocitarie. Per il sarcoma di Ewing, la differenzazione avviene tramite biopsia.
Prognosi
Agli inizi del XX secolo, circa il 20% dei pazienti con una osteomielite diffusa andavano incontro alla morte. Con le metodiche di nuova concezione, il rischio di morte si è ridotto, pur rimanendo del 5% circa a causa delle possibili complicanze.
Terapia
Terapia medica dell’Osteomielite Cronica (OMC)
- Immunoterapia di Stimolazione Batterica (ITSB). Indicata per i gruppi A, B e C. Venne introdotta dal dott. Enrico Savoini negli anni ’60, nell’Istituto Codivilla Putti a Cortina d’Ampezzo.
- Ossigenoterapia Iperbarica (OTI). Indicata per i gruppi A,B e C. La Ossigenoterapia Iperbarica potenzia l’efficacia di gruppi di antibiotici e aumenta l’efficacia macrofagica sotto stimolazione della Immunoterapia di Stimolazione Batterica.
- Reclutamento di tutte le risorse mediche per migliorare le condizioni generali del paziente OMC. Indicato per i gruppi B e C. Fra queste, la più comune è cessare il consumo di sigarette, alcool e sostanze voluttuarie in genere.
- Terapia Antibiotica Soppressiva. Indicata nel gruppo C.
La Stadiazione della Osteomielite Cronica, secondo la classificazione di Cierny-Mader (UTMB), puntualizza che la percentuale di guarigione è massima nei pazienti OMC di gruppo A. Decresce nei BL, nei BS e ulteriormente nei combinati BL-S. E’ bassa nei C. Su un piano teorico, i provvedimenti medici dovrebbero “trasformare” i pazienti OMC di gruppo C nel gruppo B e quelli B nel gruppo A, aumentando per ciascuno di essi la percentuale di successo terapeutico.
Terapia chirurgica dell’Osteomielite Cronica (OMC)
E’ successiva alla terapia medica.
Stadio I: pulizia dello spazio midollare, prelievi per ABG, eventuale contro-apertura del canale midollare, lavaggio continuo postoperatorio per 3 gg con antisettici, ABT generale e, con l’esito dell’ABG, ABT mirata per 4/8 settimane, possibilmente associata a Ossigenoterapia Iperbarica.
Stadio II: pulizia chirurgica dei tessuti ossei necrotici e dei tessuti molli atrofici infetti. L’alta incidenza di estese superfici di compromissione cutanea rendono frequente la collaborazione con la Chirurgia Plastica per innesti muscolari vascolarizzati di copertura.
Stadio III: pulizia chirurgica dei tessuti ossei necrotici e dei tessuti molli atrofici infetti. La maggiore estensione della Osteomielite Cronica può far rendere necessario adottare provvedimenti specifici per evitare il rischio di fratture patologiche.
Stadio IV: procedimento analogo allo stadio III. Quando vi è una pseudoartrosi infetta, i fissatori esterni rappresentano la risorsa chirurgica più affidabile. La metodica ed il fissatore di Ilizarov sono di frequente le scelte più indicate. Tratto da: Istituto ortopedico Rizzoli di Bologna -Dr. Giovanni Gualdrini
Complicanze
Fra le possibili complicanze:
- Osteomielite ricorrente. Questo rischio viene diminuito con l’allungarsi della terapia farmacologica.
- Disseminazione a distanza, rara. Si riscontra nella forma acuta.
- Frattura patologica nel contesto delle strutture ossee necrotiche, in riassorbimento o neo-formate.
- Arresto della crescita.
b) Generalità sulle cicatrici e sulle patologie correlate
Le cicatrici, di per sé, non rientrano nella categoria delle patologie. Tuttavia, se dotate di determinate caratteristiche, esse possono diventare fonte di alterazioni posturali, di dolori, di disagi organici o respiratori, dunque fonte di patologie.
La loro “reattività” può essere valutata con test chinesiologici di forza, per stabilire il grado di coinvolgimento negativo all’interno del sistema organico.
Sotto la voce generica di cicatrici vengono inclusi: interventi chirurgici, ferite, abrasioni profonde, ustioni, tatuaggi.
Tutto ciò che altera lo stato della pelle e la sua integrità, spesso il tessuto cicatriziale crea aderenze sottocutanee, perdita di elasticità (cheloidi), oltre a trazione meccanica sul tessuto circostante (pelle, muscolo, organi interni,ecc.).
Da quanto sopra esposto si possono classificare le seguenti conseguenze:
a) Danno meccanico (elasticità);
b) Danno energetico (blocco energetico).
La cicatrice chirurgica della nostra paziente è di notevole dimensione, con elevata superficie ricoperta da cheloidi, che risultano “accollati” ai piani profondi del sottocute.
La flessione del ginocchio provoca un “infossamento” delle cicatrice nella porzione mediale del quadricipite; ciò sta ad indicare che il tessuto non ha la giusta elasticità in fase di flessione per “ancoraggio” profondo della cicatrice, specie nel punto in cui c’erano le viti del fissatore esterno l’Ilizarov.
c) Screening test:
esame posturale completo
1)visione frontale: pronazione del piede dx, dismetria arti inferiori con sx più corto di circa 2 cm; spostamento dell’asse di carico verso sx. Torsione del bacino sx avanti. Nel complesso la colonna vertebrale è ben compensata.
2) visione laterale: rettilinearizzazione della lordosi lombare, flessione di circa 10° del ginocchio sx
3)visione posteriore: valgismo del ginocchio dx con pronazione del piede mobilità articolare specifica dell’arto inferiore (ROM)
a) flessione passiva del ginocchio 20°, attiva 10°
b) estensione dell’anca da prona 30°
c) Elevazione attiva da supina 75°
d) abduzione attiva-assistita 70°
- Osservazione della cute e valutazione dei cheloidi
La paziente presenta due cicatrici profonde: una nella zona mediale della coscia ed una in direzione del tensore della fascia lata, oltre ad alcune cicatrici postume da fissaggio dei fissatori Ilizerof nella zona inserzionale del retto femorale e vicino al ginocchio.
La cicatrice che risulta più importante nella limitazione della mobilità del ginocchio è quella nella zona mediale, che è anche molto “accollata” e retraente. Per questo motivo, si sceglie di concentrare il lavoro di “scollamento” in modo particolare su questa porzione anatomica.
c) Descrizione del protocollo riabilitativo: massaggio trasverso profondo (MTP o Cyriax)
Questo massaggio consente di:
- Mantenere la mobilità dei tessuti salvaguardando il movimento fisiologico, evitando la formazione di cross-links tra le varie fibrille. Le fibrille di collagene che si formano durante il periodo del trattamento si sviluppano in modo corretto e più aderente alle necessità funzionali dell’organismo
- Produrre iperemia locale per diminuire il dolore e regolare il flusso di substrati e metaboliti
- Orientare le fibre di collagene nel modo più idoneo per resistere agli stress di natura meccanica
- Stimolare i meccano recettori per inibire i messaggi afferenti nocicettivi (teoria del Gate Control)
Con questa tecnica si riesce ad evitare che, nel tessuto fibroso leso, possa generarsi una infiammazione che si auto-perpetua. Quindi, lo scopo della suddetta tecnica è aiutare la formazione di una cicatrizzazione funzionale. Individuato il punto da trattare, si esegue il massaggio, che va praticato con la punta di un dito, solitamente il dito indice rinforzato dal medio, effettuando un movimento di va e vieni che deve avvenire sempre in senso trasversale all’orientamento delle fibre della struttura anatomica lesa, senza provocare frizioni sulla cute. E’ necessario pinzare la cute nella zona dei cheloidi e cercare di mobilizzare il sottocute con movimenti contrapposti delle mani. Si sceglie di praticare questa tecnica per prima, in modo da preparare la zona da trattare con una buona viscosità tissutale e iperemia per il proseguo del trattamento.
Neuroregolazione interattiva con InterX
Viene utilizzato un dispositivo elettromedicale (InterX) che emette degli impulsi elettrici bifasici sinusoidali smorzati i quali, grazie al feedback interattivo, si modificano autonomamente a seconda dell’impedenza cutanea. La Terapia InterX favorisce la Neuromodulazione Interattiva a livello del Sistema Nervoso Centrale (ipotalamo e corteccia visiva del cervello) al fine di ottenere:
a) importante azione antalgica
b) attivazione del Sistema di Autoregolazione
La terapia attiva il nostro sistema di autoregolazione alla produzione di:
neuropeptidi, peptidi regolatori, citochine etc. che generano riduzione di infiammazione, edema e dolore, con conseguente diminuzione dei tempi di recupero da un infortunio.
Le modalità applicative in questo caso specifico sono state:
programma acuto 180 di frequenza e 60 % di intensità per circa 8 minuti con cursore in movimento lungo la zona con i cheloidi.
c) cupping therapy
Meccanismo d’azione
La tecnica consiste nel creare un vacuo all’interno di un serbatoio (vetro, bambù, bachelite o plastica) appoggiato sulla pelle, che attira il tessuto superficiale, favorendo lo smaltimento delle tossine e dei liquidi in esubero. E’ stato dimostrato che il corpo viene interessato fino a quattro pollici di spessore dei tessuti, generando i seguenti effetti:
a) iperematizzazione locale anche per più giorni
b) effetti riflessi su organi distanti
c) mobilizzazione del tessuto connettivo subdermico
d) liberazione dei vasi linfatici “schiacciati”
e) mobilizzazione delle tossine e dei liquidi eccedenti
f) aumento del metabolismo e miglioramento del rifornimento di ossigeno
g) Stimolazione del sistema immunitario e dei processi di riassorbimento nella pelle necessari per l’eliminazione delle tossine dai tessuti connettivali.
La coppettazione è in grado, attraverso diversi meccanismi, di esplicare differenti azioni. Essa può:
- influenzare direttamente in sede un connettivo alterato: cicatrici, disturbi dell’irrorazione locale, ecc.;
- mettere in movimenti meccanismi generali di regolazione dinamica del circolo sanguigno. Il connettivo sottocutaneo e’ molto ricco di sottili vasi sanguigni che, per costrizione o per dilatazione, possono considerevolmente variare il proprio contenuto in sangue. Ogni applicazione con la tecnica della coppettazione provoca un evidente e duraturo arrossamento cutaneo, quale espressione di una dilatazione dei vasi sanguigni cutanei e, con ciò, una contemporanea sensazione locale di calore.
- Per mezzo di modificazioni dell’irrorazione sanguigna, la mobilizzazione meccanica e il massaggio con le coppette del tessuto connettivo sottocutaneo possono influenzare la reazione chimica tissutale (pH) e, quindi, la capacita locale o generale del tessuto connettivo a trattenere acqua.
Attraverso diverse vie, la cupping therapy , può stimolare impulsi nervosi e, per mezzo di riflessi il cui arco si chiude nel sistema nervoso centrale, può provocare reazione anche in organi molto lontani.
In queste azioni nervose dobbiamo distinguere una componente generale (vale a dire interessamento di tutto il corpo), e processi riflessi, localmente più delimitati.
E’ stata utilizzata una modalità di coppette in movimento per ridurre al minimo il rischio di procurare ecchimosi, una delle controindicazioni più frequenti di questa tecnica. La sensazione, sia visiva che quella riferita dalla paziente, è stata indubbiamente ottima.
4) Crochetage
Il tessuto connettivo fibroso rappresenta il 60% della massa corporea.
Con tante diversificazioni, le cellule specializzate costituiscono un’unica Fascia, formando un labirinto che pervade tutto l’organismo creando delle intime connessioni fra i vari distretti corporei.
Questa rete fasciale deve rimanere sempre libera nei movimenti.
Una tensione in un punto di blocco influisce su tutta la fascia.
L’azione di una contrattura muscolare dà aderenza tissutale della componente fibrosa. La liberazione per effetto meccanico semplice è preferibile.
Il crochetage morbido permette di togliere senza dolore il blocco biomeccanico per ritrovare lo schema primario, grazie alla forma e alla consistenza degli attrezzi utilizzati.
La trazione del gancio morbida provocherà la liberazione delle aderenze nelle zone della fibromiosite. Nel caso di cicatrici, si utilizza questa metodica, per scollare la parte rigida dei cheloidi, con risultati straordinari di scollamento delle aderenze cicatriziali.
Si può utilizzare anche “sfregando”, con leggera pressione, la porzione convessa dell’attrezzo in modo longitudinale rispetto alle fibre muscolari, con azione di “sbrigliamento” muscolare classico (pialla).
Interessante la possibilità prospettata di allontanamento di eventuale “nodosità” tissutale dalla zona dove sono presenti terminazioni nervose, che generano il dolore, con risultato immediato di miglioramento del sintomo.
I princìpi su cui si basa la tecnica sono :
– risoluzione dei punti trigger
– recupero della elasticità e capacità contrattile del muscolo
– ripristino delle attività fasciale
– riduzione della gelificazione delle proteine interstiziali
– miglioramento della microcircolazione
– attivazione delle fagocitosi
– risoluzione della irritazione neuropatica.
Il trattamento si applica avvalendosi di uno speciale arsenale terapeutico ideato ed ottimizzato per la metodica.
E’ stata utilizzata, nel caso specifico, una tecnica non ”invasiva”con manualità morbida e con azione di scollamento graduale. I risultati sono stati buoni e senza procurare ecchimosi.
Stretching: CHRS ( contract-hold-relax-stretch)
Esecuzione: questa tecnica è detta anche “allungamento post-isometrico”, “allungamento propriocettivo-neuromuscolare”, “ tecnica di affaticamento e rilassamento “.
Si richiede di mantenere isometricamente la contrazione ( secondo i diversi Autori la durata deve essere dai 3 ai 15 secondi; si utilizza uno sforzo che va dal 30%-50% al 100% della forza massima ), quindi si allunga il muscolo stesso Ciò può essere ripetuto da tre a cinque volte.
Meccanismo d’azione: questa tecnica di allungamento si basa sul fatto che alla contrazione statica segue una fase di rilassamento del muscolo stesso (attività riflessa di Hofmann ). Indicazioni: secondo Einsingbach, questo metodo è la modalità più efficace per allungare le strutture muscolari che limitano il movimento, quindi per migliorare la mobilità, renderla più agevole, se il movimento attivo risulta doloroso ( in pratica è un esercizio analogo al mantieni-rilassa” e al “contrai-rilassa” utilizzati nelle PNF).
L’attuazione di questa tecnica con la nostra paziente è stata molto proficua, tanto che, nella fase di “mobilizzazione-tenuta” si vedeva il ginocchio migliorare notevolmente nella flessione. Inoltre, la paziente riferiva una sensazione di sblocco, di migliore circolazione sanguigna e di forza. Quando il paziente è collaborante e motivato, questa tecnica riesce a dare risultati veramente ottimi, ma è da collocare dopo le altre tecniche che hanno un effetto di mobilizzazione dei tessuti e una preparazione della densità del connettivo.
Si può apprezzare la mobilità della rotula, che serve come parametro di riferimento per valutare l’azione di sblocco avvenuto verso la flessione del ginocchio. Nel nostro caso si verifica, a fine seduta, una notevole sensazione di “scrocchio”della rotule per condropatia pregressa, che sta ad indicare il miglioramento della ROM in flessione.
Taping kinesiologico
Questo metodo è basato sul processo di guarigione naturale che, assistendo il corpo nell’attivazione dei processi fisiologici dei tessuti traumatizzati, lo riporta nello stato di salute.
Tutti gli organismi hanno una capacità innata (determinata geneticamente) di auto-regolazione che permette il raggiungimento di un equilibrio omeostatico e di una possibilità di auto-guarigione.
In risposta a un’aggressione esterna, il corpo inizia un processo di “riparazione-rimodellamento” attraverso la risposta infiammatoria.
L’ostruzione della circolazione dei fluidi può derivare da fattori intrinseci (all’interno dei tessuti) o fattori estrinseci, che esercitano una pressione interna.
Il processo infiammatorio è il fattore principale di “perturbazione” della circolazione dei fluidi e dà origine, dopo la fase acuta, a:
- aderenze
- contratture
- squilibri muscolari
- edema interstiziale
La superficie corporea coperta dal taping kinesiologico forma convoluzioni nella pelle che aumentano lo spazio interstiziale e, riducendo la pressione, permettono al sistema linfatico e sanguigno di drenare liberamente i fluidi. Si viene così a creare un “volano” di azioni che permettono al corpo di auto guarirsi biomeccanicamente.
Nel nostro caso è stato applicato il taping kinesiologico® con due traiettorie:
1) due ventagli deconmpressivi al ginocchio dalla posizione di massima flessione per avere un’azione “di spazio” nell’articolazione (decoaptazione)
2) due nastri tagliati a doppia Y per avere un’azione mobilizzante della cicatrice con la tecnica Jiggled.
Con questa tecnica si è continuato l’effetto di mobilizzazione del trattamento per altri 5 giorni, poiché il nastro viene rimosso al quinto giorno.
Conclusioni e considerazioni
Dopo aver fatto un’analisi funzionale iniziale si è proceduto per cercare di sbloccare l’articolazione del ginocchio, che risultava bloccato e quindi consentiva una deambulazione molto scoordinata e con un andamento caratterizzato da una notevole zoppia.
Il programma riabilitativo adottato ha consentito un indubbio miglioramento a carico della funzionalità articolare del ginocchio che, nella situazione iniziale, presentava significative compromissioni. Ciò limitava la vita quotidiana della paziente ed inoltre dava origine a dei sovraccarichi funzionali di altre di strutture per compenso.
Attraverso tecniche specifiche di intervento sulla mobilizzazione delle strutture connettivali ( cheloidi, retrazioni fasciali, densificazione muscolare, ecc.) si è reso possibile agevolare la mobilità del ginocchio, che migliorando la motricità globale e la deambulazione ha stimolato positivamente l’aspetto circolatorio generale
La paziente stessa riferisce queste sensazioni generali che a mio avviso sono interessanti:
“Per quanto riguarda le mie sensazioni sono molteplici. Dal punto di
vista fisico durante la seduta di fisioterapia sono molto, molto incuriosita ad
ascoltare una parte del mio corpo che pensavo fosse insensibile. Sento
dei guizzi, delle cose che pulsano e si muovono. In punti in alto del
femore questa ritrovata sensibilità mi fa proprio sentire con più
forza che qualcosa si stacca, mentre verso la parte inferiore sento
solo che si sta sensibilizzando un pochino. Il risultato comunque è
durevole, tanto che nella parte alta del femore mi sembra di avere la
gamba “gonfia”. Un’altra cosa che avverto è che, mentre
cammino, “piego” molto la gamba e questo mi porta a stancarmi
meno durante il tragitto. La gamba è molto più forte”.
La mobilità e la deambulazione sono notevolmente migliorate, cosi come la sensibilità cutanea della zona interessata. Apprezzabile è il miglioramento della sensibilità propriocettiva dell’arto inferiore e della zona interessata in particolare da cicatrici.
E’ stata fatta una precisa scelta terapeutica, di non ricercare una mobilità del ginocchio superiore ai 60° di flessione, per evitare di scatenare una sintomatologia dolorosa del ginocchio stesso, che presenta una notevole gonartros,i con una condropatia molto avanzata (come riportato dalla RM).
Questo lavoro originale sul trattamento riabilitativo delle cicatrici retraenti in postumi di osteomielite è stato condotto seguendo lo spirito della ricerca di modalità innovative per migliorare l’iter riabilitativo ed ottimizzare i tempi, sempre nel rispetto delle condizioni del paziente.
Bibliografia e sitografia
- R. Bellia – Generalità sull’applicazione del taping kinesiologico –
- R. Bellia – Traumatologia nel pattinaggio a rotelle corsa: utilizzo dell’InterX e del taping kinesiologico nei piccoli traumi da sport. – Bergamo 2008 –
- Rosario Bellia – Il taping kinesiologico: un metodo molto efficace anche nel pattinaggio a rotelle specialita’ corsa.
- Rosario Bellia – La sindrome del compartimento anteriore della gamba, un male che affligge tanti pattinatori.-
- Rosario Bellia – Trattamento riabilitativo dopo trasposizione del tendine rotuleo secondo Fulkerson – .-
I nastri elastici usati per le applicazioni dello studio sono Kinsiotape e Visiotape della ditta : Visiocare Srl . Vedano al Lambro (MI) www.visiocare.it
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