(di Elena Meli per Corriere.it) – Il ginocchio un po’ dolorante, l’età non più verdissima. Il pensiero corre all’artrosi e spesso la diagnosi è giusta: l’artrosi del ginocchio riguarda infatti circa un over 60 su tre e l’esercito dei pazienti si ingrossa in continuazione. “Colpa”, pensano i molti, soprattutto dell’aumento dell’aspettativa di vita: viviamo più a lungo, le articolazioni si logorano e prima o poi il ginocchio “scricchiola”. Una spiegazione che tuttavia si sta rivelando troppo semplicistica, anche perché sono sempre più frequenti i casi di artrosi fra chi non ha ancora compiuto i 50 anni. Una ricerca pubblicata sui Proceedings of the National Academy of Sciences ha d’altronde appena dimostrato che l’allungarsi della vita media spiega solo in parte l’incidenza dell’artrosi oggi, di cui sarebbero responsabili anche fattori ambientali “moderni”.
L’analisi di oltre duemila scheletri
La conclusione deriva dall’analisi di oltre duemila scheletri, provenienti anche da collezioni archeologiche, raccolti da ricercatori di Harvard negli Stati Uniti e datati seimila avanti Cristo a dopo la Seconda Guerra Mondiale. Daniel Lieberman, responsabile dell’indagine, ha esaminato le cartilagini delle ginocchia degli scheletri alla ricerca di segni di “eburnazione”, il processo che avviene quando, a causa dell’erosione delle cartilagini, le ossa entrano in contatto, si sfregano fra loro e quindi si “lucidano”: un chiaro segno di artrosi, cercato per capire se nel tempo la probabilità di malattia sia cambiata. «I dati più importanti derivano dal confronto fra gli uomini dell’epoca industriale moderna, ovvero dell’800, e gli uomini del secolo scorso: e questo perché per tutti loro avevamo informazioni precise: dall’etnia all’occupazione, dal peso alla causa di morte, e questo ci ha consentito di correggere le stime tenendo conto di fattori che potrebbero aver influenzato l’insorgenza dell’artrosi — specifica l’autore —. Ebbene, anche considerando tutto ciò, chi è nato dopo la Seconda Guerra Mondiale risulta avere una probabilità di artrosi al ginocchio doppia rispetto a chi è venuto al mondo prima: per ogni specifica classe d’età o peso corporeo, la probabilità di ammalarsi è più alta da metà ‘900 in poi».
I fattori di rischio
In altri termini, un uomo di sessant’anni e di ottanta chili nato negli anni ‘30 aveva metà del rischio di usura delle cartilagini di un sessantenne con lo stesso peso nato negli anni ‘50. «Aumento dell’aspettativa di vita e diffusione del sovrappeso quindi non bastano a spiegare l’incremento dei casi — osserva Lieberman —. Il mondo è cambiato molto, alcuni fattori di rischio potrebbero essere scomparsi e altri essere diventati ubiquitari. L’obiettivo adesso è capire quali siano, ma l’artrosi non va considerata più un’inevitabile corollario dell’età o dell’obesità: se ne capiremo le cause specifiche potremo prevenirla in modo efficace». A oggi solo alcuni fattori di rischio sono noti, primo fra tutti il sovrappeso: se è vero che a parità di chili un sessantenne di oggi è più a rischio di uno di cent’anni fa, è altrettanto sicuro che accumulare peso sovraccarica l’articolazione e spiana la strada all’artrosi. «L’alimentazione è uno dei parametri ambientali che sembrano connessi alla malattia. Insomma, anche se non è ben chiaro come, di certo contano anche gli effetti della dieta — osserva Sebastiano Cudoni, presidente degli Ortopedici e Traumatologi Ospedalieri D’Italia (Otodi) Altri fattori di rischio noti per l’artrosi al ginocchio sono: i traumi locali, gli interventi in artroscopia per togliere i menischi, l’uso eccessivo dell’articolazione a causa di un’attività sportiva troppo intensa. Esiste poi la predisposizione individuale, sebbene gli elementi genetici coinvolti non siano ancora ben noti».
Come prevenire l’usura
Per rimediare a geni poco favorevoli si può fare ben poco, gli incidenti accadono, ma l’usura eccessiva però si può prevenire, come spiega Cudoni: «Lo sport protegge dall’artrosi, perché potenzia la muscolatura rendendo l’articolazione più efficiente. Essenziale però non esagerare e scegliere attività che non sovraccarichino il ginocchio e puntare sul nuoto, ciclismo o camminate; la corsa non è off limits, ma solo se praticata in modo corretto da chi non abbia l’articolazione già danneggiata. L’attività fisica e il mantenimento del peso forma, oltre a evitare l’artrosi, ne rallentano molto la progressione». Molti provano a utilizzare integratori a base di glucosamina, condroitina solfato o altri composti per preservare la cartilagine: funzionano davvero? «Ancora gli studi non hanno dimostrato con certezza che ci siano reali benefici — risponde l’esperto —. Gli integratori possono ridurre la sofferenza della cartilagine nelle fasi iniziali, le infiltrazioni con alcuni tipi di acido ialuronico sembrano dare effetti positivi sull’evoluzione dell’artrosi; si stanno studiando i fattori di crescita piastrinici, ma anche sulla loro efficacia non ci sono dati definitivi, così come per l’uso di staminali su cui per ora non abbiamo dati a sufficienza». A oggi nulla, dunque, ha le carte in regola per metterci sicuramente al riparo dall’artrosi prima che compaia. Finché non saranno individuati altri fattori di rischio, l’unica prevenzione possibile è costituita da uno stile di vita sano: dieta equilibrata e attività fisica regolare.
I farmaci: come e quando usarli
Prevenire è meglio che curare, ancor più nel caso dell’artrosi. «Le terapie non sempre sono risolutive o bloccano la progressione della malattia — osserva Sebastiano Cudoni, direttore della Struttura di ortopedia e traumatologia dell’ospedale San Francesco di Nuoro —. In fase iniziale e intermedia, si usano i farmaci antinfiammatori non steroidei o infiltrazioni di acido ialuronico; se l’infiammazione è difficile da “spegnere”, si provano le infiltrazioni di cortisonici. Tutte terapie che possono lenire il dolore e ritardare l’impianto di una protesi». Alternativa cui si ricorre se l’articolazione è profondamente alterata e la funzionalità del ginocchio compromessa. In passato si aspettava molto prima di operare, oggi la protesi viene proposta perfino ai cinquantenni, perché? «I prodotti attuali durano anche venti o trent’anni, se l’articolazione è molto danneggiata non ha senso aspettare — risponde Cudoni —. E gli interventi di protesi al ginocchio sono aumentati: circa 150mila l’anno, quanto gli impianti di protesi d’anca».
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