Epicondilalgia: cause. Cure e trattamento con Taping Bellia System®

 Nella traumatologia sportiva moderna si parla di “epicondilalgia” perché si è accertato che non si tratta di una vera e propria infiammazione del tendine, ma di una problematica legata alla riparazione del tessuto inserzionale dopo ripetuti fenomeni infiammatori, che creano una disfunzione ed il dolore.

 

L’epicondilite è una  tendinopatia,  ovvero un’infiammazione che interessa i tendini e le zone adiacenti. Nello specifico, è una tendinopatia inserzionale: la zona che va a colpire è l’inserzione dei muscoli epicondiloidei, una parte dell’articolazione del gomito, tra omero e radio; per questo motivo la patologia può essere chiamata anche radiale od omerale. Gli epicondiloidei sono i muscoli estensori dell’avanbraccio, cioè quelli responsabili dei movimenti di sollevamento di mano e polso e di piegamento indietro delle dita. A seconda di quali estensori siano coinvolti, si può definire ulteriormente questa infiammazione, come epicondilite laterale, mediale o posteriore.

In realtà l’epicondilite è molto più conosciuta con il termine popolare di “gomito del tennista“, (tennis elbow), poiché gli sportivi che praticano queste attività a livello intensivo spesso vanno incontro a questo tipo di tendinite: una patologia degenerativa infiammatoria della giunzione osteo-tendinea, dovuta ad azione meccanica, ossia a movimenti uguali ripetuti troppe volte o con troppo sforzo. Non riguarda però solo gli sportivi, e tra gli sportivi non colpisce solo tennisti e golfisti: sono a rischio anche altri atleti, dai giocatori di baseball a chi pratica la scherma, ai nuotatori, ma soprattutto è una patologia professionale che si manifesta in chi sforza eccessivamente i tendini del gomito, come pittori, muratori, carpentieri e chi utilizza molto computer e mouse. L’incidenza, che nella popolazione generale è valutata tra l’1 e il 3 per cento, sale al 15 per cento dei lavoratori delle industrie a rischio. Poiché si tratta di una “over-use syndrome”, una sindrome dovuta non solo a sforzi eccessivi ma anche a logoramento fisiologico involutivo delle strutture tendino-inserzionali, in genere insorge in soggetti di età compresa fra i 30 e i 50 anni.

Come si manifesta
Il primo sintomo dell’epicondilite è il dolore, che si presenta a carico della parte laterale dell’articolazione del gomito, quindi localizzato nell’epicondilo; l’algia si può propagare lungo il bordo radiale dell’avambraccio, manifestandosi in particolare in concomitanza con movimenti di estensione e supinazione. Il dolore in genere diminuisce con il riposo notturno. Un altro sintomo può essere una sensazione di debolezza, che si manifesta nel braccio anche se si devono sollevare pesi leggeri, come un bicchiere, o compiere movimenti non impegnativi, dall’aprire una serratura al semplice stringere la mano.
La fase iniziale della patologia è spesso accompagnata da manifestazioni dei sintomi di modesta entità, il che può portare a sottovalutare l’infiammazione. In realtà un’epicondilite non va mai giudicata una patologia di poco conto, poiché presenta oggettive difficoltà terapeutiche, un alto rischio di recidive e a lungo andare può diventare invalidante. È quindi sempre necessario rivolgersi tempestivamente a uno specialista, che può effettuare la giusta valutazione clinica e diagnostica e suggerire i corretti interventi preventivi.

L’esame clinico
La visita specialistica si svolge dopo l’anamnesi, cioè la raccolta e la valutazione da parte del medico di tutte le informazioni che gli possono essere fornite dal paziente. L’esame clinico serve ad accertare i segni della malattia, iniziando con la localizzazione della zona esatta da cui si irradia il dolore: si procede quindi alla palpazione dell’epicondilo radiale-omerale, verificando l’eventuale presenza di tumefazione nella zona. L’insorgenza del dolore viene constatata facendo effettuare al paziente specifici movimenti, come i seguenti:

  1. Manovra di Cozen: estensione del polso contro resistenza a gomito flesso.
  2. Supinazione contro resistenza a gomito flesso.
  3. Manovra di Mills: pronazione passiva forzata con polso flesso e gomito esteso.

Per effettuare una diagnosi di epicondilite in genere gli esami radiologici convenzionali non si rivelano necessari, tranne che in fase avanzata, quando possono mettere in risalto la presenza di calcificazioni vicino all’inserzione dei tendini. Si ricorre a questo tipo di indagini se si sospetta che l’origine del dolore sia da ricercare in lesioni ossee o patologie introarticolari di altro tipo.

Da cosa è causata
L’epicondilite può avere origine da un evento traumatico di importanza rilevante. Nella maggior parte dei casi, però, la causa della malattia va ricercata non in un singolo trauma, ma in una lunga serie di microtraumi, che siano di origine endogena o che siano dovuti all’esecuzione sbagliata di movimenti iterativi e gesti tecnici; questi microtraumi possono col tempo indebolire, fino addirittura ad arrivare a lacerare le fibre del tendine estensore radiale breve del carpo. A carico del gomito, comunque, si possono verificare patologie che danno sintomi simili all’epicondilite, e che quindi devono essere verificate ed escluse dallo specialista, come patologia articolare, instabilità legamentosa, sofferenza del nervo radiale, corpo mobile e altre. A ciò si aggiungono ulteriori patologie in altre regioni, con una sintomatologia simile, come sindrome del tunnel carpale alla mano, tendinite della cuffia dei rotatori alla spalla, artrosi cervicale e così via.

Come si cura

In seguito a studi appositi, però, di recente si è andato rivalutando il trattamento fisioterapico a lungo termine, consistente in manipolazione del gomito ed esercizi di riabilitazione. Quello che in gergo viene definito “wait and see”, e che una terminologia più clinica indica come trattamento conservativo, è in genere il più indicato per far passare quella che a tutti gli effetti è una malattia autolimitante. Quindi è consigliato e opportuno ridurre il più possibile il consumo di farmaci, e spiegare al paziente che, nella maggior parte dei casi, sono sufficienti per risolvere il problema le giuste informazioni, gli opportuni consigli ergonomici, l’eventuale ausilio, al limite, di specifici tutori. Una corretta azione combinata medica e fisioterapica può risolvere le manifestazioni dolorose nel 90 per cento dei casi. Le terapie fisiche contro il dolore comprendono ad esempio laser, ultrasuono ed ipertermia; sul trattamento chiamato ESWT (a base di cicli d’onde d’urto extracorporee a bassa energia) va detto che è relativamente recente e che gli studi scientifici incentrati sull’argomento non hanno dato risultati univoci, ma andrebbe tenuto in considerazione nei casi di tendiniti croniche e specificamente di epicondiliti.
Per finire, nei casi, va detto, infrequenti, che non reagiscono alle terapie mediche, c’è sempre l’opzione chirurgica, anche in artroscopia.

           

RIMEDI

Circa l’80% – 95% dei pazienti guarisce senza avere bisogno della chirurgia, attraverso:

  1. Riposo: ciò significa non fare sport o attività di lavoro pesanti per diverse settimane;
  2. Farmaci anti-infiammatori non steroidei: nelle giuste dosi possono aiutare a ridurre il dolore e il gonfiore;
  3. Equipaggiamento sportivo: usare attrezzi adeguati. Ad esempio racchette più rigide, corde non troppo tese o dispositivi infilati tra le corde per ammortizzare i colpi, che possono ridurre lo stress sull’avambraccio, impugnatura adeguata dell’attrezzo;
  4. La terapia fisica: specifici esercizi utili a rinforzare i muscoli dell’avambraccio. Un fisioterapista può anche eseguire ultrasuoni, massaggi con ghiaccio, elettro-stimoli per migliorare la guarigione del muscolo;
  5. Tutori: utilizzare gomitiere può aiutare ad alleviare i sintomi;
  6. Terapia de freddo: Per far diminuire il gonfiore, è importante l’applicazione del ghiaccio e la guaina elastica serve anche per comprimere la zona interessata dal dolore. Si dovrebbe cercare di tenere il gomito al livello delle spalle.
  7. Terapia manuale: sia articolare che mio fasciale per ridare il corretto movimento al gomito e all’intero arto superiore.

 

Se i sintomi non migliorano dopo 6 – 12 mesi di trattamenti non chirurgici, il vostro ortopedico può consigliarvi un intervento chirurgico.

Per prevenire lo sviluppo dell’epicondilite è necessario limitare al minimo quelli che sono i fattori di rischio legati allo sviluppo di questa condizione. Tra questi:

  • Sovraccarico funzionale dei muscoli e dei tendini del gomito;
  • Sforzi eccessivi connessi ai movimenti del braccio, e in particolare del gomito;
  • Danni diretti (come i movimenti scorretti o l’eccessiva estensione dell’avambraccio).

 

Il taping Bellia System® aiuta il trattamento dell’epicondilalgia dalla fase acuta al ritorno sportivo

Seguendo i principi della tecnica di taping kinesiologico Bellia System possiamo utilizzare in maniera sinergica al trattamento riabilitativo alcune tecniche di taping elastico:

  1. Nella fase infiammatoria con paziente a riposo funzionale anche con tutore: si realizzerà una tecnica drenante di linfo taping. Si sceglierà la lunghezza del nastro in base alla condizione dell’apparato emo linfatico del paziente.

      

  1. Nella fase di riabilitazione funzionale con attività lavorativa “ridotta” e autonomia quasi completa: si realizza una tecnica decompressiva articolare del gomito e se servirà potrebbe essere utile un sostegno articolare .

     

  1. Nella fase di rientro lavorativo o sportivo: sarà realizzata una tecnica stabilizzante multiassiale per garantire un supporto all’articolazione durante le sollecitazioni date dal carico.

Le foto di questi bendaggi sono tratti dal libro:

Bellia Rosario – Manuale di taping kinesiologico per la traumatologia sportiva moderna – ed. Nuova Piccin – 2017 Padova

 

 

Riferimenti bibliografici:

  • Sven A., Solveborn M.D. et al.: “Cortisone injection with anesthetic additives for radial epicondyalgia (tennis elbow). Clinical orthopaedics and related research” 316:99-105, 1995;
  • Schatz P., Steiner C.: “Tennis elbow: a biomechanical and therapeutic approach”, J. Am. Orthop. Ass. 7,778, 1993 – “Extracorporeal Shock Wave Therapy without local anesthesia for chronic lateral epicondylitis”, J Bone Joint Surg. Am. 2005; 87: 1297-1304;
  • Bisset L. et al.: “Mobilisation with movement and exercise, corticosteroid injection, or wait and see for tennis elbow: randomised trial”, BMJ, dol; 10.1136/bmj, 38961.584653.AE.

http://www.benessere.com/salute/disturbi/epicondilite.htm